Un’insegnante riflette sugli ultimi momenti di questo particolare anno scolastico, così diverso dai precedenti, ma sempre uguale per gli aspetti più profondi che connotano la relazione tra i ragazzi e il loro docente.
La scuola, il mio castello dei destini incrociati
Elena Caselli
Scuola: Istituto Salesiano Sant’Ambrogio – Milano
Classe Secondaria di primo grado
L’ultima ora dell’ultimo giorno di scuola siete sempre scappati via dall’aula. Quando non rimaneva più nessuno, mi piaceva sostare in silenzio a guardare quei banchi vuoti, mentre la luce dalla finestra disegnava strani motivi sulle pareti e il rumore dei passi nel corridoio si affievoliva per lasciare poi spazio ad un silenzio irreale.
In quei momenti pensavo ad ognuno di voi, ragazzi, incontrato in questo castello dei destini incrociati che è la scuola. Un luogo in cui la vita si tocca, a 150 alunni per volta, ogni giorno, ogni anno. Classi che entrano, classi che escono. Classi che saluti per sempre, classi che rivedi a settembre, diverse.
E io lì, a quell’incrocio, tra quei banchi, sempre in piedi, a comunicare, con la voce e con il corpo, che essere in mezzo a voi è il dono più grande che potessi ricevere.
Quest’anno, però, nessuna ultima campanella ha dato il via a quella vostra corsa frenetica, ai canti o agli schiamazzi di gioia. Siamo rimasti tutti dietro il nostro schermo, mentre le vostre voci si sovrapponevano nel tentativo di salutare e augurare una buona estate. E che fatica per premere quel tasto rosso di “chiudere la chiamata”! Perché in un tempo in cui tutto è stato stravolto, la scuola ha rappresentato l’elemento di continuità, un tentativo di rimettere ordine al caos. Certamente non c’erano più le strutture, i tempi scanditi, i rituali, gli intervalli, i compiti in classe. Ma proprio allora abbiamo riscoperto la scuola nella sua dimensione più profonda e più vera: la relazione tra insegnante e alunno. Sono entrata in casa vostra, nelle camere da letto o nei salotti; ho conosciuto i vostri fratelli o i vostri animali domestici. Anche voi siete entrati nella mia, commentando ogni tanto qualche foto alla parete o i libri della mia libreria. Abbiamo continuato a leggere i classici che tanto amo: ognuno dava voce ad un personaggio, proprio come in classe. Cosa importava che la voce di Odisseo arrivasse da Cernusco e quella di Polifemo da Cologno? Lì, nel testo, nella letteratura, abbiamo trovato un luogo nel quale abitare, tutti insieme. Ogni mattina, nell’appello, ci chiamavamo ad una sfida: provare ad esserci, continuare a cercare, scovare la bellezza nella letteratura e nella relazione. Ci abbiamo provato, con tanta fatica a volte, e nei vostri sguardi oltre quello schermo mi sono detta che sì, ce l’abbiamo fatta.
Per questo e per tutto il resto che ciò che, senza saperlo, mi avete donato, un immenso grazie.
La vostra prof