La didattica a distanza: spunti di riflessione

Le riflessioni di una dirigente scolastica mettono in luce alcuni aspetti legati alla didattica a distanza: le criticità legate alla gestione familiare di più figli da parte di genitori in smart working, ma anche i numerosi aspetti positivi legati al ruolo dell’insegnante e non solo…

La didattica a distanza – spunti di riflessione

Dirigente Scolastico
Mariateresa Chieli
IC Don Milani di Vimercate (MB)

Vimercate, 4 Aprile 2020

Didattica a distanza. Fino a qualche settimana fa in larga misura un’illustre sconosciuta, per la quale è già stato creato uno dei tanti acrostici (DAD) di gusto anglosassone che ormai da anni imperversano nell’orizzonte della scuola italiana e per certi versi riducono concetti, processi e procedure a tecnicismi linguistici che inevitabilmente attraverso l’insignificanza della forma svuotano i contenuti. Quelle a seguire, ci tengo a sottolinearlo, sono considerazioni di ordine del tutto personale su aspetti della didattica a distanza senza alcuna pretesa di organicità od esaustività, nel tentativo di leggere alcuni aspetti della straordinarietà del presente attraverso riferimenti alla scuola e alla didattica di sempre.

ingresso di una scuolaDi fatto l’emergenza da epidemia Covid-19 ha messo la scuola italiana davanti ad una situazione nuova, del tutto imprevedibile e di difficile gestione, ovvero dinanzi alla sfida di proseguire nell’esercizio della propria funzione educativa attraverso l’erogazione della didattica in modalità alternative – senza preavviso, senza disporre dei mezzi né tantomeno dei tempi per acquisire piena coscienza dello stato di cose e programmare in qualche modo gli interventi indispensabili. Senza che, diciamolo chiaramente, la nostra scuola fosse preparata ad affrontare un’emergenza di questo tipo e portata, con una disomogeneità in questo senso che si carica di connotazioni geografiche e percorre tutto quanto lo stivale. Molto spesso i concetti trovano nella nostra mente una figurazione di tipo iconico, e in questi giorni un’immagine ricorrente è diventata per me correlativo oggettivo della nostra scuola nella gestione dell’emergenza – quella di chi, abituato a viaggiare in bicicletta, si veda d’un tratto consegnare in mano le chiavi di una Ferrari, costretto a salire e guidarla.

Così, da un giorno all’altro le istituzioni scolastiche si sono trovate nella condizione di condurre l’ordinario nella straordinarietà senza soluzione di continuità attraverso una modalità inedita, nel tentativo di raggiungere gli alunni e le famiglie con una strumentazione spesso carente, piattaforme da selezionare ed attivare sulla base di presunte potenzialità didattiche tutte da sperimentare, competenze specifiche del personale docente non omogenee, disposizioni normative che volutamente lasciano spazio ad una libertà di interpretazione e di manovra che a priori contrasta con il criterio di sostanziale uniformità che di fatto da sempre governa scelte ed azioni della scuola pubblica a livello nazionale. E, non ultimo, dinanzi ad un contesto, quello dell’utenza, che con un eufemismo potremmo definire “variegato” nelle possibilità di partecipazione a distanza legate in primis alla disponibilità di strumentazione adeguata, di connettività, di dimestichezza nell’impiego della strumentazione informatica che è spesso indicatore di situazioni ben più complesse di ordine economico-sociale tali da porre l’attenzione sul cosiddetto digital divide e, non ultimo, al fattore “tempo”. Sì, perché la difficoltà nella partecipazione alle attività è inversamente proporzionale all’età degli alunni – in altre parole, tanto più piccoli sono gli utenti, tanto minore sarà la loro autonomia, con l’inevitabile conseguenza della necessità di mediazione da parte della famiglia, almeno per gli alunni della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, con tutte le implicazioni del caso: genitori che hanno a disposizione un sola postazione dalla quale sono già magari in due a svolgere smart working a turno, famiglie per le quali  seguire due o tre figli nello svolgimento dei compiti assegnati a distanza diventa un vero e proprio lavoro senza che, è giusto considerarlo, siano spesso in possesso delle abilità specifiche per farlo. Essenzialmente perché sono genitori e non insegnanti e tali competenze non rientrano nell’esercizio del loro ruolo. Potrei continuare a lungo nell’elencazione di tutto quanto de facto costituisce motivo di oggettiva difficoltà nell’erogazione del servizio di didattica a distanza, sollevando tra l’altro il problema non indifferente della possibilità e dell’oggettività della valutazione, unitamente al tutt’altro che trascurabile aspetto della raggiungibilità dell’intera utenza a garantire il pieno esercizio del diritto all’istruzione.

Gli aspetti positivi

Nonostante tutto ciò, tuttavia, mi sento di prenderne in considerazione gli aspetti positivi che ritengo facciano largamente da contrappeso a quanto appena esposto. Prima di tutto, ci sono i fini enunciati più o meno esplicitamente nei vari DPCM di quello scorso mese di Marzo che difficilmente dimenticheremo, accompagnati dalla Nota 388 del 17/03/2020 sulla didattica a distanza – non sottovalutiamo mai il valore fondante dei fini, perché una qualunque istituzione che operi senza una meta è come un vascello in alto mare che fluttua cieco senza direzione. Come si legge nella Nota 388,la Scuola ha il compito di rispondere in maniera solida, solidale e coesa, dimostrando senso di responsabilità, di appartenenza e di disponibilità, ma soprattutto la capacità di riorganizzarsi di fronte a una situazione imprevista, senza precedenti nella storia repubblicana, confermando la propria missione. Perché la lontananza fisica, quando addirittura non l’isolamento, non possono né devono significare abbandono”. E ancora: “Perché in questo essenziale elemento consiste il ‘fare scuola’: insegnare e apprendere, insieme”. In quest’ottica fare scuola a distanza significa dunque anzitutto stabilire e mantenere un contatto, continuando a coltivare quel senso di appartenenza ad una comunità educante che si struttura sui valori fondanti della nostra società e trova rispondenza nella funzione sociale esercitata dalla scuola e declinata nella nostra Costituzione.

aula di una scuolaDa questo punto di vista mi sento di evidenziare come i docenti da subito abbiano avvertito l’importanza di stabilire e mantenere un contatto, sperimentando le modalità più disparate per raggiungere i propri alunni e riempiendo le proprie giornate in esilio domestico coatto con videochiamate, registrazione di videolezioni, predisposizione di materiali illustrativi di tipo multimediale, assegnazione di lavori da svolgere corredati da didascalie e spiegazioni di vario genere – insomma, una rete di professionisti che si è messa subito in campo per affrontare l’emergenza con l’obiettivo primario di restare comunque accanto ai propri alunni. E che, ci tengo a sottolinearlo, sta dimostrando la tutt’altro che scontata capacità di mettersi in discussione procedendo per tentativi ed errori, aggiustando il tiro, rivisitando una professionalità in molti casi ormai assestata su cifre consolidate da anni. In questo ritengo sia riposto l’enorme valore aggiunto di un ruolo, quello dell’insegnante, che non si esaurisce nell’esecuzione di un compito predefinito al pari di altre professioni, ma acquisisce significato nella misura in cui si connota come vera e propria missione in cui l’aspetto puramente tecnico e didattico non può in alcun modo prescindere da quello umano e relazionale. Nella misura in cui ha a cuore il bene dei propri alunni ed è perciò disposto a rigenerarsi in condizione di emergenza pur di mantenere quel rapporto imprescindibile con il discente. 

Il grande pensiero filosofico occidentale è segnato come un filo rosso dall’idea dell’unicità  e della sacralità del rapporto che si crea tra allievo e maestro: basti pensare a Socrate, per cui il sapiente è colui che ha la consapevolezza di non sapere ed attraverso un faticoso processo quasi freudiano ante litteram è in grado di tirare fuori quella conoscenza che l’allievo ha riposta dentro di sé; per non parlare poi della concezione di Quintiliano, per il quale il rapporto maestro-allievo riveste un ruolo fondamentale nel processo di costruzione della conoscenza, o del ruolo del maestro come guida nella ricerca della verità rappresentata da Cristo nel De Magistro di Sant’Agostino; o ancora, della devozione di Dante che ricorda con affetto il proprio maestro Brunetto Latini, pur collocandolo all’Inferno per ben note ragioni di ordine politico, e comunque elevando al rango di guida il Maestro per eccellenza, Virgilio. Senza proseguire oltre in un’elencazione che potrebbe riuscire infinita, concludo questa parte con una considerazione di ordine più spiccio – a ciascuno di noi, riandando con il pensiero agli anni della scuola, balza alla mente la figura di almeno un insegnante, uno, che ne abbia segnato l’esperienza come studente e come persona, del quale resta indelebile nel ricordo il valore di educatore attraverso la capacità di coinvolgere e lasciare segni duraturi. In altre parole, quella capacità di affascinare attraverso la conoscenza, trasmettere amore per il sapere e contribuire a formare adulti responsabili e consapevoli.

Tornando al tema della didattica a distanza, un’ulteriore riflessione è d’obbligo, legata alle modalità di apprendimento in un contesto alterato rispetto a quello tradizionale. Così recita ancora la Nota n.388:

Le attività di didattica a distanza, come ogni attività didattica, per essere tali, prevedono la costruzione ragionata e guidata del sapere attraverso un’interazione tra docenti e alunni. Qualsiasi sia il mezzo attraverso cui la didattica si esercita, non cambiano il fine e i principi. Nella consapevolezza che nulla può sostituire appieno ciò che avviene, in presenza, in una classe, si tratta pur sempre di dare vita a ‘un ambiente di apprendimento’, per quanto inconsueto nella percezione e nell’esperienza comuni, da creare, alimentare, abitare, rimodulare di volta in volta”. 

Questo aspetto credo rappresenti il punto focale attorno al quale tutta quanta la riflessione ruota. Non c’è apprendimento senza una costruzione attiva della conoscenza che passi attraverso l’esperienza, costantemente attivata dall’interesse e dalla motivazione. E se ciò è vero per tutti, diventa fattore imprescindibile per gli alunni della scuola dell’infanzia e primaria – così, se una lezione in qualche modo tradizionale erogata a distanza può funzionare con gli alunni della scuola secondaria di primo e soprattutto di secondo grado, ove tale modalità è più vicina alla consueta strutturazione delle attività scolastiche, ben diverso è il caso degli alunni più piccoli, che hanno bisogno di “fare” – di sperimentare, manipolare, di osservare, classificare, ordinare, seriare e quantificare. In altre parole, di costruire il sapere prendendo imprescindibilmente le mosse dall’elaborazione dell’esperienza per arrivare ad un processo di progressiva astrazione e concettualizzazione che, come ci insegna la psicologia dell’età evolutiva, in condizioni normali arriva intorno ai dodici anni – intorno all’inizio della scuola secondaria, appunto. Piaget docet, l’attivismo americano di Dewey e quello italiano con Maria Montessori ne sottolineano specifici aspetti sul versante educativo, lo strutturalismo americano con Bruner in prima linea ribadisce la centralità dell’allievo nella costruzione mentale della conoscenza attraverso l’esperienza. 

A fronte di tutto ciò, non è semplice né scontato che “ogni studente sia coinvolto in attività significative dal punto di vista dell’apprendimento”, come si legge ancora nella Nota n.388, quando diventa difficile insegnare ad apprendere attraverso l’esperienza a distanza, e quando quel rapporto umano tra maestro ed allievo subisce per forza di cose una rivisitazione nella modalità “non in presenza”. Riflessioni, queste, particolarmente vere nel caso di alunni in difficoltà, cui a tutto ciò si aggiunge l’ineludibile necessità di una costante individualizzazione del percorso formativo – ed altrettanto vere nel caso dell’infanzia, in cui la scuola del fare, dei campi di esperienza – perché non a caso questo è il nome che contrassegna le aree disciplinari per tale ordine di scuola –  sta esplorando modalità di interventi a distanza che privilegino la relazione, il contatto e la dimensione ludica, come si legge ancora nell’ormai fin troppo citata Nota di cui sopra:  “Per la scuola dell’infanzia è opportuno sviluppare attività, per quanto possibile e in raccordo con le famiglie, costruite sul contatto ‘diretto’ (se pure a distanza), tra docenti e bambini, anche solo mediante semplici messaggi vocali o video veicolati attraverso i docenti o i genitori rappresentanti di classe, ove non siano possibili altre modalità più efficaci. L’obiettivo, in particolare per i più piccoli, è quello di privilegiare la dimensione ludica e l’attenzione per la cura educativa precedentemente stabilite nelle sezioni”.

In questi giorni ho assistito a tutta una serie di iniziative messe in campo dagli insegnanti del mio istituto, che fin dall’inizio si sono attivati per avviare forme di didattica a distanza in questa dimensione. Sono rimasta particolarmente colpita dal desiderio delle insegnanti di scuola dell’infanzia di entrare a tutti gli effetti in questo complesso quadro, nonostante la non obbligatorietà di tale ordine di scuola e le specifiche difficoltà di realizzazione e selezione delle attività legate all’età degli alunni. Ciò mi ha dato la misura di quanto preziose siano le energie di cui la scuola dispone, inducendomi ad una duplice riflessione con cui mi avvio alla conclusione delle presenti osservazioni. 

Conclusioni

Da un lato, sono convinta che tutto quanto stiamo adesso vivendo farà crescere la nostra scuola, dotandola di una ricchezza nella molteplicità degli approcci didattici che nessuna riforma era finora stata in grado di attuare con tale repentinità e pervasività – perché, come si dice, facendo “di necessità virtù”, mai come in questi giorni la strumentazione informatica aveva rivelato le proprie enormi potenzialità nella veicolazione di contenuti e nella strutturazione di attività didattiche, finendo in mano ad un numero così elevato di insegnanti e di famiglie. Dall’altro, confido che questa stessa esperienza induca a riflettere sull’imprescindibilità della lezione in presenza e sul ruolo fondamentale rivestito dalla scuola quale agenzia educativa essenziale fondata su professionalità spesso sottovalutate, costruite con fatica sul duplice fronte della competenza e della relazione umana. Spesso accade che il valore di ciò che abbiamo venga apprezzato soltanto nel momento in cui se ne sperimenta la privazione. Ecco, mai come oggi il valore intrinseco della scuola è diventato straordinariamente evidente essendo per forza di cose costretti, almeno in parte, a rinunciarvi.

1 commento su “La didattica a distanza: spunti di riflessione”

  1. Gent. Prof.ssa Chieli, concordo e faccio tesoro di quanto lei ha scritto con una chiara e lucida visione del momento particolare che, anche e soprattutto, la scuola sta vivendo. La crescita umana in primis e culturale dei nostri giovani, rappresenta l’obbiettivo principale della nostra società troppo spesso sorda e accecata dal bene materiale e dalla competizione a fini economico-sociali. Ora più che mai ci stiamo accorgendo del valore educativo del rapporto docente discente, di quanto i nostri ragazzi abbiano bisogno di luce per il raggiungimento di quelle competenze che li aiuteranno ad affrontare la vita. Certo la famiglia forma le basi della crescita di ognuno di noi, però senza la scuola e di tutto il suo “umus” saremmo come tanti Robinson soli nell’isola deserta. Spero tanto che la società rivaluti la figura, spesso bistrattata, dell’insegnante. Grazie Prof.ssa Chieli, le sue considerazioni e la sua considerazione del rapporto umano, ci fa ben sperare per il futuro.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *