Una bambina di otto anni riporta con parole ed esempi semplici, ma con grande lucidità, i suoi timori e dà suggerimenti rispetto alla ripresa della scuola il prossimo anno. La sua maestra ritorna sugli stessi temi, senso della comunità, inclusività e partecipazione, problemi che la scuola dovrà affrontare al momento della ripresa per evitare di ritornare a modelli didattici che si ritenevano superati.
Settembre: la scuola di domani sulle spalle della scuola di ieri
Sonia Sorgato
Scuola: I.C. G.B. Perasso (Milano)
Classe II Primaria
Scuola San Mamete di Milano
A settembre come saranno le nostre classi? Quale didattica sarà possibile?
In questo momento le preoccupazioni sono numerose. Certamente la didattica a distanza ha accelerato alcuni processi: ha permesso agli insegnanti e ai loro bambini di imparare nuove modalità di interazione di cui far tesoro nel prossimo anno; saranno una nuova e ricca possibilità per continuare la scuola fuori dalla scuola in modo che la conoscenza pervada spazi altri. Le nuove abilità nelle tecnologie ci consentiranno di pensare a forme di scrittura differenti per comunicare agli altri ciò che viene scoperto a scuola; ci saranno modalità più potenti per condividere, forse una nuova spinta alla corrispondenza scolastica di Freinet che permette a classi che si trovano in luoghi geografici diversi di scriversi regolarmente delle lettere per condividere i percorsi svolti in classe in uno scambio di esperienze significativo. Nuovi stimoli per la presentazione delle conferenze alla fine di un lungo percorso di apprendimento in cui i bambini si prendono la responsabilità di dare conto del loro apprendimento di fronte a se stessi e i compagni; nuovi input per raccogliere, documentare e ripensare ai prodotti dei bambini; forse sarà possibile creare dei portfolii di classe dove ritrovarsi, ripercorrere ciò che è stato imparato, riconoscersi e riconoscere nei compagni grandi capacità messe a disposizione della comunità classe. Tutto questo ce lo auguriamo con forza. Le tecnologie ci permettono di accelerare questi processi, di renderli più potenti, più diffusi; ma è solo sulla base di una consapevolezza pedagogica che è possibile mantenere fermi gli elementi che costituiscono una didattica cooperativa per non travestire con abiti gradevoli e accattivanti una modalità trasmissiva e autoritaria, comunque escludente. Una modalità che diventa poco inclusiva non tanto nel qui e ora ma soprattutto nell’incapacità di costruire strumenti che consentano ai bambini, in particolare quelli più fragili, di leggere e analizzare la loro realtà, di vivere nel loro contesto con competenza.
In che cosa la scuola non sarà più come prima?
La preoccupazione rimane ed è presente nelle parole dei bambini che ci chiedono in che cosa la scuola non sarà più come prima. Che cosa si chiederà loro di rinunciare, di sostituire e poi sarà veramente possibile sostituire? Arianna, una bambina di seconda primaria, nella sua lettera arrivata subito dopo le prime notizie sulla scuola di settembre ce lo dice molto chiaramente ponendo tre questioni cruciali che potremmo interpretare e tradurre con queste parole chiave: la comunità-classe, la didattica, la cittadinanza come partecipazione alle decisioni. “Non potremo stare tutti e 20 nella stessa classe”: l’impossibilità di una presenza fisica dovrà trasformarsi in un lavoro molto importante da parte degli insegnanti e dei dirigenti affinché questa mancanza concreta e già viva di tutti i compagni non significhi che venga smantellato con un colpo di spugna tutto il lavoro di costruzione dell’identità della classe, della scuola come luogo di comunità per imparare insieme.
È necessario chiedersi fin da ora e costruire insieme al Collegio le modalità per fare in modo che questo non accada, per favorire l’interazione dei bambini in un contesto dove non sarà possibile la vicinanza fisica, consapevoli che è solo attraverso questa interazione che avviene l’apprendimento a scuola.
Non esisterà più il gruppo dei gialli, verdi, arancioni?
Un altro punto sollevato da Arianna è quello della didattica: “vuol dire che non esisterà più il gruppo dei gialli, dei verdi, degli arancioni?” Per chi ha fatto esperienza di un lavoro a scuola che si costruisce con i compagni dove ci si conosce molto bene, dove sono chiare le potenzialità e le fragilità di tutti, dove si sta su un contenuto finché tutti l’hanno imparato e si chiede di rendere conto del lavoro del compagno, è molto difficile immaginare una situazione diversa e siamo convinti che questo debba essere messo a tema. Non vogliamo che la situazione di emergenza in cui versiamo ci costringa a scegliere più o meno consapevolmente metodologie didattiche più trasmissive e individualiste, non vogliamo che dalle nostre aule si esca con la sensazione di aver lavorato solo per se stessi, non vogliamo che le scoperte di un bambino rimangano celate nei lavori individuali; vogliamo che l’apprendimento sia “visibile”, vogliamo che i bambini si possano copiare se questo permette loro di avere nuove idee, di sentirsi un po’ sicuri, se consente di costruire con tempi non prevedibili a priori anche le proprie conoscenze individuali che permarranno anche dopo la scuola. Vogliamo che il gruppo non sia un luogo dove rifugiarsi e nascondersi per sparire, per non mettersi in gioco in prima persona; il gruppo rappresenta la dimensione entro la quale si costruiscono le conoscenze individuali e da questo dobbiamo partire a settembre.
Ci servirà grande immaginazione e flessibilità per fare in modo che le idee possano circolare a prescindere dai corpi a cui appartengono: ci è ora molto chiaro che non potremo rinunciarci. Forse la tecnologia potrà venirci ancora in aiuto ma immaginiamo che sia necessario un lavoro di consapevolezza rispetto a questo punto da parte di tutti gli insegnanti affinché si trovino modalità per rendere possibile ancora la costruzione della conoscenza all’interno dei gruppi, per veicolare ai bambini l’idea che siano in grado sempre di appropriarsi del sapere anche e soprattutto in autonomia. Forse le nuove disposizioni e il numero ridotto dei bambini ci consentiranno con più facilità di far circolare le idee, di renderle evidenti al gruppo, di esplicitarle anche a chi si collegherà da casa. Potrebbe essere l’occasione per chi ha sperimentato solo saltuariamente il lavoro di gruppo per adottarlo e renderlo una modalità di lavoro caratterizzante la propria didattica.
Ricostruire il gruppo classe
Infine, l’ultimo aspetto che racchiude i primi due e che ci permette di dare la parola ai nostri bambini: “si dovrebbe fare un consiglio con tutti i bambini della classe per scrivere le nuove regole per poter stare insieme, lavorare, mangiare e giocare, senza che ci ammaliamo di Coronavirus”.
A settembre, ma anche ora, sarà necessario trovare lo spazio affinché sia possibile prendere la parola su quanto è successo, su una ferita data dalla mancanza della scuola mai sperimentata da nessuno; sarà necessario insieme a loro ricostituire il gruppo classe a partire dalle regole che saranno in grado di elaborare, forti di una nuova consapevolezza che renderà le regole ancora più legate al bene collettivo e alla possibilità per ciascuno di riconoscersi, regole che diventano non solo una protezione nei confronti degli egoismi individuali ma sono utili per salvaguardare il “bene” comune che ora è anche la salute. Ma per farlo non è possibile rinunciare a tutto, non è possibile rinunciare al gruppo immaginato: si deve trovare una modalità dove sia possibile il confronto per decidere, all’interno dei limiti oggettivi, uno spazio di azione e di decisione per i bambini, per lavorare sulla loro consapevolezza e sulla cittadinanza.
Buon lavoro a tutti e grazie, Arianna, per averci dato l’occasione di riflettere.