La scuola in ospedale e l’istruzione domiciliare: proposta di uno spazio di confronto e di riflessione per gli insegnanti della scuola primaria e secondaria.
La scuola in Ospedale è stata istituita a seguito di una legge del 1986 (Circolare Ministeriale 12 gennaio 1986) in nome del principio di uguaglianza essa nasce per garantire che ciascun bambino malato possa godere del diritto di istruzione volto al mantenimento del suo equilibrio psico-fisico ed emotivo. In secondo luogo, essa evidenzia la necessità che l’insegnante in ospedale abbia una funzione rassicurante per il bambino a livello psicologico e nello stesso tempo lo accompagni e lo sostenga nella sua crescita, in modo tale che anche il tempo trascorso in pediatria si trasformi in un tempo significativo e in continuità con le esperienze fino a quel momento vissute dai piccoli malati.
Negli anni a seguire, MIUR, Uffici Scolastici Regionali e Scuole Polo si sono preoccupati che la scuola in ospedale divenisse una realtà sempre più riconosciuta al pari delle scuole del territorio e costituisse per i degenti la possibilità di tener viva la parte sana del bambino malato e di tutelare spazi di “normalità” in cui bambini e ragazzi siano chiamati a mostrare che nonostante la malattia essi sono ancora in grado di esprimere le loro capacità e la loro creatività. Proprio per il contesto particolare in cui si trovano ad operare, gli insegnanti ospedalieri, a differenza di quanto accade nella scuola del territorio, devono continuamente progettare i loro interventi educativi e didattici e adattarsi in modo molto flessibile ai bisogni di bambini e ragazzi ricoverati, nonché al contesto sanitario in cui lavorano. Certamente essi devono essere in grado di inventare il nuovo, perché in una pediatria tutte le certezze date dalla scuola tradizionale vengono profondamente ridiscusse e spesso devono essere modificate: la programmazione a breve e a lungo termine, gli obiettivi, il metodo di lavoro, il tipo di attività concretamente proposte, ma anche il proprio ruolo, l’impostazione dei rapporti con i bambini, genitori, medici ed infermieri ed infine il senso del proprio operare quotidiano.
Più di recente accanto alla scuola in ospedale si è attivato il servizio di istruzione domiciliare (ID), rivolto a tutti quei bambini e ragazzi che non possono frequentare la scuola per certificati motivi di salute. Il servizio di ID costituisce un elemento necessario per aiutare il rientro a scuola/in classe di coloro che per motivi di salute ne sono stati lontani, anche perché dimostra loro che la scuola non li ha abbandonati, ma anzi si è fatta carico della loro educazione anche quando erano impossibilitati a frequentare le aule scolastiche. In una parola l’ID aiuta lo studente a “sentire” che la malattia può essere uno stato transitorio che in ogni caso non lo fa estraniare dal suo contesto di vita normale. A maggior ragione questo è sottolineato dal fatto che siano proprio i “suoi” insegnanti a recarsi al suo domicilio o a relazionarsi con lui per aiutarlo a continuare il lavoro scolastico alla pari coi suoi compagni di classe.
Il lavoro dell’insegnante che si reca a domicilio, o che programma un lavoro che si svolgerà a domicilio (magari attraverso le nuove tecnologie) ha delle caratteristiche che lo differenziano dal normale lavoro in classe in primo luogo per il fatto che si svolge fuori dalla scuola, poi che deve essere un lavoro individualizzato, che deve tener conto dello stato di salute dell’allievo (cosa che può essere faticosa da gestire dal punto di vista emotivo) e infine che mette in relazione in modo stretto insegnante e famiglia. Va anche detto che nel momento in cui si reca a casa dell’allievo il docente è solo, non ha dietro di sé in gruppo dei colleghi o la scuola cui chiedere sostegno, ricopre un ruolo diverso e per certi versi opposto a quello normale. Valga per tutti il fatto che è lui ad andare a casa dello studente e non è lo studente che va a scuola e che perciò le regole che valgono a scuola possono non valere nella casa in cui si reca. Tutto ciò può essere fonte di criticità o di positivo ripensamento del proprio ruolo e del proprio lavoro didattico. In ogni caso si tratta di un’occasione molto importante di riflessione sul proprio modo di stare in classe, anche perché la necessità di personalizzare le modalità didattiche e di instaurare una relazione individualizzata con lo studente rendono questo contesto domestico quasi un laboratorio di buone pratiche che possono far riflettere e ripensare complessivamente al lavoro in classe
Data la complessità che caratterizza la professione insegnante nella scuola in ospedale e nell’istruzione domiciliare, proponiamo a tutti coloro che sono impegnati in questi contesti uno spazio nella piattaforma Bicocca con le scuole in cui essi possano condividere esperienze significative, progetti, proposte di lavoro e materiali di diverso tipo in modo da supportare il lavoro quotidiano e far emergere quanto le peculiarità di un lavoro con allievi fragili e in situazioni diverse dall’usuale possano essere di stimolo a un approfondimento alla professione docente in senso più lato.